Il Fallimento dei Partiti “Anti-Sistema”
A distanza di una settimana dal voto del 25 settembre, i vari leader dei partiti cosiddetti “anti-sistema” se le stanno contando di santa ragione.
Ognuno sostiene che è colpa degli altri due.
Chi dice che si è preferito esibire il proprio nome, chi afferma che non si è voluto adattare il proprio programma rendendolo omogeneo ad una linea unitaria di interventi, insomma ha prevalso l’egoismo invece dell’altruismo per l’interesse collettivo.
Ma tutti e tre i capi rappresentanti di “Vita”, “Italexit” e “Italia Sovrana e Popolare” sono d’accordo sul ritenere che non aver corso uniti è stato deleterio.
In verità la macchina del fango si è messa in moto puntualmente prima delle elezioni con la diffusione sistematica di notizie, o presunte tali, di appartenere alla massoneria, di essere diventato il serbatoio di candidati che non hanno trovato spazio nei partiti di centro destra, con il conseguente abbandono dei sostenitori e coordinatori che hanno lavorato per la costruzione del partito, di non essere all’altezza del compito.
Adesso si assiste all’abbandono del “Titanic”.
Chi ha avuto la peggio, dei tre partiti anti-sistema più accreditati è stata “Vita” di Sara Cunial e Davide Barillari ex 5stelle con meno dell’1% delle preferenze, insieme a Maurizio Martucci di Alleanza Italiana Stop 5G e Luca Teodori del M3V.
Erano candidati prestigiosi della lista Vita, tra gli altri, gli scienziati Stefano Montanari e Antonietta Gatti, ma chi ha preso più voti nel suo collegio è stata l’avv. Renate Holzeisen.
Tutti hanno comunicato l’immediata fuoriuscita da “Vita”.
Per tanti osservatori, come per il sottoscritto, si è trattato di un fallimento annunciato.
Ho sempre sostenuto che per riuscire a costruire una opposizione forte ed efficace, per contrastare la deriva dittatoriale neoliberale ed atlantista, era indispensabile dare una struttura a “testa d’ariete” al fronte comune ed unitario.
Così non è stato. Ritengo che sia mancata, tra l’altro, la riflessione preliminare sui consueti alti numeri di coloro i quali non vanno a votare da tempo.
Riflettere su questo avrebbe dato l’opportunità di comprendere che il 36% di astenuti, con punte fino al 50% nel Meridione, non sono persone indecise sul voto ma si tratta di persone demotivate, che non riconoscono nei partiti di questa politica italiana la strada democratica perché siano rappresentati i loro interessi di cittadini che pagano le tasse ed hanno diritto ai servizi pubblici e finanche ad una vita felice.
La condizione di sfiducia si è acutizzata ancor di più in seguito alla speranza di cambiamento che era stata riposta affidando la rappresentatività del 33% al movimento 5 stelle nelle elezioni del 2018, scelta che invece si è rivelata nei modi e nella forma che tutti ben conosciamo, in sostanza un tradimento delle aspettative.
In questo contesto politico ed internazionale, è difficile immaginare quale possa essere il futuro che ci aspetta.
Cosa deciderà di fare questo nuovo governo, potenzialmente di centrodestra. Si schiererà contro i poteri della UE e della Nato a guida americana o si prenderà in carico le insoddisfazioni di un popolo e le esigenze di cambiamento radicale che milioni di italiani ritengono ormai ineluttabile?
Anche tenendo conto delle vicende geo-politiche che stanno coinvolgendo e sconvolgendo l’intero mondo, ormai diviso in due fazioni contrapposte che vede l’Italia priva di autonomia discrezionale ed in balia delle decisioni dei soliti americani “esportatori di democrazia”, abilissimi a confliggere sempre fuori del loro territorio nazionale ed ora, con la guerra ucraina, senza neppure l’intervento diretto dei loro soldati.
Eppure si sta diffondendo la convinzione, sempre più evidente, che tutto il mondo è ad una svolta epocale.
Il presidente russo Vladimir Vladimirovic Putin, 69 anni, a capo della Federazione Russa dal maggio 2012, è protagonista suo malgrado della strenua opposizione al piano anglosassone di un nuovo ordinamento mondiale che vuole essere imposto a tutti i paesi ed a tutti i cittadini della Terra.
E non è da solo. Sono con la Russia anche il Brasile di Bolsonaro che andrà al ballottaggio con lo sfidante Lula da Silva per la nuova carica presidenziale, la Cina, l’India ed i paesi del Sud Africa, stanchi degli effetti ancora oggi perduranti di un colonialismo, soprattutto francese, che li opprime e li costringe ad espatriare ed a lasciare le terre natie.
Allora che svolta sia.
Miliardi di persone ora hanno capito da che parte stare e cosa fare per lasciare un mondo migliore alle generazioni future.
Carlo Ceresoli