La sicurezza del lavoro sicuro
E’ ancora alta l’eco delle grida di dolore dei parenti dei 5 operai morti travolti da un treno a 160Km orari mentre erano impegnati in un intervento di manutenzione straordinaria sulla linea ferroviaria a Brandizzo in provincia di Torino la notte tra il 30 ed il 31 agosto, che ancora si continua a parlare di “morti bianche”.
Mi sono sempre chiesto perché si definiscono “morti bianche” quei lavoratori che perdono la vita durante la loro attività, ebbene, dopo una breve ricerca ho scoperto che ciò accade perché si ritiene che alcuna mano è sporca di sangue, come a dire che alcuno ha responsabilità del mortale accadimento.
C’è poco da storcersi le budella, è normale che in un contesto sociale e mondiale dove il sistema economico adottato è il capitalismo liberista, dove tutto è concesso ad un mercato senza regole, “laissez faire” di Milton Friedman, e dove lo Stato non deve e non può entrare ad imporre limiti e paletti, è considerato finanche fisiologico che qualche lavoratore perda la vita o si infortuni durante il periodo lavorativo.
Il fine ultimo è il profitto, l’arricchimento privato di chi gestisce il mondo del lavoro, e non sono certo i lavoratori ma i proprietari delle aziende che decidono ogni parametro di vita dei loro “dipendenti” a cominciare dai salari e dagli stipendi, che debbono restare bassi perché altrimenti perdono il controllo ricattatorio sul mondo del lavoro.
Qualcuno dice che il fenomeno migratorio di tutti questi uomini sotto i trent’anni, donne ancor più giovani e bambini, abbia, tra l’altro, lo scopo di alimentare il ricatto sul lavoro per tenere basse le paghe ed utilizzare questa manodopera disperata per ogni tipo di impiego a basso costo.
Quando nel 1999 è uscito il mio libro di analisi del D.Lgs.626/94 poi sostituto ed integrato dal testo unico n°81 del 2008, i numeri erano pressoché gli stessi di oggi più di 1000 lavoratori morti all’anno, circa tre infortuni mortali al giorno, tre famiglie distrutte ogni giorno, nel quale i figli, la moglie, salutano il genitore, il marito senza immaginare che lo vedranno per l’ultima volta, da vivo.
Sono trenta anni che mi occupo di sicurezza sul lavoro e non mi faccio illusioni in merito agli infortuni finanche tragici. Le regole, le leggi non le stabiliscono i lavoratori diretti interessati, ma i politici che spesso sono direttamente legati al mondo industriale e commerciale, e spesso godono di favori e prebende provenienti dal ricco mondo delle multinazionali ormai proprietarie di ogni attività produttiva.
Un esempio tra i tanti: vi ricordate della tragica storia dei sette operai della ThyssenKrupp tutti morti a causa di un incendio mentre lavoravano in un altoforno, a Torino nel 2007, ebbene il processo ai sei dirigenti italiani e tedeschi indagati per omicidio colposo si è concluso nel 2016 con condanne che vanno da 9 anni a 5 anni, 5 dirigenti sono già liberi mentre solo Harald Espenhahn manager tedesco, condannato a 5 anni (il massimo in questi casi per la giurisprudenza tedesca) ancora è costretto a recarsi presso il carcere di Hamm solo per dormire e poi riprendere il suo lavoro al mattino.
Un altro esempio:
A Trani un lavoratore assunto con mansioni e qualifica di impiegato tecnico, svolgeva di fatto anche le funzioni di magazziniere addetto anche all’utilizzo del carrello elevatore, senza averne ricevuto la corrispondente formazione.
In una manovra azzardata il tecnico-magazziniere in questione veniva travolto dai tubolari d’acciaio che stava sistemando su degli scaffali. Sia il Tribunale di Trani che la Corte di Appello di Bari ed anche nell’ultimo grado di giudizio la Corte di Cassazione Penale hanno condannato il datore di lavoro titolare della ditta …”per non aver fornito la corrispondente formazione, comprensiva dell’addestramento all’utilizzo del carrello elevatore, come espressamente prescritto dall’art. 71, comma 7, lett. a), del D. Lgs. n. 81 del 2008…” anche in considerazione delle testimonianze dei colleghi che il povero lavoratore svolgeva le mansioni di magazziniere in maniera regolare e quotidiana e non in via strettamente emergenziale. Ma la condanna è arrivata anche al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza dell’azienda (RLS) che “… Richiamati i compiti attribuiti dall’art. 50 al Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza, ha osservato come l’imputato non abbia in alcun modo ottemperato ai compiti che gli erano stati attribuiti per legge, consentendo che il C.C. fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal D.D. (lavoratore deceduto) …”. C’è da rilevare che il RLS è un lavoratore che viene eletto dai lavoratori ma di fatto è nominato dalle sigle sindacali aziendali, in pratica è un collega che si presta a questo ruolo di rappresentanza e per poterlo fare bene il testo unico 81/08 all’art. 37 prevede che abbia una formazione di 32 ore minimo. Ciò detto, tenuto conto che la formazione del RLS è un obbligo del Datore di Lavoro e quindi l’onere economico è a suo carico, ipotizzo che il soggetto incaricato della formazione non vede l’ora di terminare l’incarico delle 32 ore e non una di più, e può anche succedere che il datore di lavoro che lo paga gli chieda di non entrare troppo nello specifico delle attività aziendali poiché non sono gradite interferenze nella ricerca del massimo profitto economico.
Certo può accadere anche che il lavoratore, scelto per rappresentare le istanze sulla sicurezza dei colleghi, intuisca la circostanza di approfittare del suo ruolo realizzando invece le esigenze dell’azienda a scapito del suo fondamentale ruolo di garanzia per i suoi colleghi lavoratori.
Niente di nuovo sotto il sole.
Fintanto che persevereremo in questa economia neo-liberista che non si cura della vita e della dignità dei lavoratore, i quali devono restare imprigionati nei turni, nelle catene di montaggio, nelle regole disciplinari sempre più stringenti (vedi legge Madia e legge Severino), ma l’unico obiettivo perseguito è fare soldi, sempre più soldi, sempre e solo per i sempre più ricchi sempre più noti, allora la deriva è sempre più vicina.
Carlo Ceresoli