A Bolsena la primavera arriva con qualche mese di ritardo, ma promette di essere ricca di sorprese
Nel nome il risveglio dopo un letargo durato oltre due anni, la “Primavera Culturale” andrà in scena sul Lago di Bolsena il 13-14-15 maggio ed è già un caso nazionale. Riflettori accesi su un evento unico nel suo genere, nato dall’idea di riunire ogni forma artistica sul palcoscenico open air che si preannuncia variegato anche nei contenuti. Si avvale di una raccolta fondi privata perché, come spiegano i loro promotori, di questi tempi il crowdfunding è l’unico modo per portare avanti iniziative slegate dal business con ritorni immediati. Ma, soprattutto, certi e remunerativi. Di arte non si vive e con la cultura non si mangia, il leitmotiv è sempre lo stesso, basta solo prenderne atto. Il progetto ha visto la luce grazie ad alcuni studenti universitari “No Green Pass”, che hanno gridato il dissenso con l’unica rivoluzione possibile: l’arte. “La cultura declinata in tutte le sue diverse espressioni -spiega la referente nazionale Elena Amore- indica il progresso di una comunità e l’arte, come massima manifestazione di creatività, è essa stessa generatrice di vita. In questi due anni di confinamenti forzati, appellati pomposamente lockdown, per decreto sono stati chiusi al pubblico cinema e teatri; abbiamo assistito alla cancellazione dei più elementari diritti costituzionali. La politica ci ha condannati alla morte civile e sociale. L’obbligo delle mascherine in ogni dove -aggiunge con un pizzico di amarezza- ha letteralmente disumanizzato la nostra società”. Ha le idee chiare Elena e nella sua voce c’è il piglio da pasionaria che non teme le sfide, nonostante lo sguardo lasci trapelare un’angoscia difficile da nascondere. Agevolata forse dal suo percorso personale, ha di certo compreso tutte le potenzialità di un evento che segna il cambio di passo, si spera, nella battaglia per le libertà perdute.
- Iniziamo questa nostra breve chiacchierata cercando di conoscerti meglio. Possiamo darci del tu? Ci racconti qualcosa di te?
Certo, diamoci pure del tu. Mi chiedi di raccontarti qualcosa di me, vediamo… Sai, mi viene da rispondere: sono “il saltimbanco dell’anima mia”, giusto per citare Palazzeschi e la sua bellissima poesia. Forse perché anch’io metto una lente davanti al mio cuore per farlo vedere alla gente. L’attore deve essere generoso e coraggioso, portare alla luce attraverso codici e sublimazioni ciò che è il suo sentire e, spesso, la sua sofferenza. Deve far emergere le sue urgenze e le sue follie. Cerco di farlo anche nella vita quotidiana, dato che non esiste una divisione netta e questo lavoro, almeno per me, non è qualcosa che si può pensare a mezzo servizio.
- Come sei venuta a conoscenza della “Primavera Culturale”?
Beh, stando a stretto contatto con i partecipanti del movimento S.C.G.P. (Studenti Contro il Green Pass), ho avuto la possibilità di conoscere il progetto partito dagli studenti di Pavia. L’entusiasmo ci ha spinti a creare, sotto un’unica idea di rinascita collettiva a carattere nazionale, una serie di iniziative culturali. Eventi, festival promossi e realizzati principalmente da studenti e simpatizzanti vicini ad alcuni principi di libertà. Giovani anche molto talentuosi, lasciati a casa due anni per la “pandemia”, mentre i luoghi di arte e cultura sono rimasti chiusi per volontà politica. Una politica, vorrei sottolineare, sorda alle richieste di tanti che reclamavano solo la possibilità di esprimersi liberamente, lì dove le discriminazioni sono state imposte senza una logica giuridica e sanitaria. C’era proprio bisogno di una Primavera!
- Come sarà strutturato l’evento a Bolsena, ci saranno stand, percorsi guidati? Puoi darci qualche anticipazione sugli eventi previsti? Qualche ospite importante?
L’evento a Bolsena è molto fitto, sarà una tre giorni piena di cose da fare e da vivere. Mostra di arti visive, ma anche laboratori interattivi, come quello di teatro sportivo, yoga, arte-terapia, cineforum, presentazione di libri, lezioni all’aperto, concerti e DJ set, lettura di poesie. Ci saranno anche volti noti, personalità nel mondo della cultura e della comunicazione che abbiamo imparato a conoscere in questi ultimi due anni di pandemia, diventati un baluardo della libera informazione e del libero pensiero. Franco Fracassi, Giorgio Bianchi, Claudia Cipriani, Giorgio Agamben, tanto per citarne alcuni. E poi tanti altri. Vi invito a seguirci su Instagram e Telegram, dove potete trovare tutte le notizie.
- E per dormire, come avete provveduto alla sistemazione dei tanti visitatori che hanno già aderito all’iniziativa?
Sì, ci sono molte strutture convenzionate, principalmente camping. Sabato sera si farà festa e ci saranno concerti al “Camping Val di Sole”. Sui social le info più dettagliate.
- La tua esperienza nel mondo del teatro è ventennale, tanto per la tua giovane età, come ti sei avvicinata al palcoscenico?
Mi ricordo che a sei anni ero in primina e interpretai la Luna in uno spettacolo su corpi celesti e astronauti. Essendo un satellite, ero obbligata a fare mille giri su me stessa e intorno alla Terra, ma lo spazio era strettissimo e il palco molto alto. I miei genitori più di una volta ebbero paura, ma io non caddi. E ricordai pure tutte le battute! Non sbagliai un colpo. Bell’inizio, no?!? A parte gli scherzi, ho sempre avuto il desiderio di vivere e creare mondi nuovi; sarebbe stato un peccato perdere la possibilità di avere uno spazio in cui muovermi. Ho poi frequentato corsi ed iniziato ad avere così i primi strumenti professionali; ho studiato per affinare le tecniche, perché lo studio è fondamentale nel percorso di crescita. Di grande importanza sono stati gli anni di gavetta con Francesco Puccio, filologo drammaturgo e regista, grazie ai quali sono entrata in contatto con Nin Scolari, un vero maestro dell’allora Teatro Continuo di Padova. Successivamente, ci sono stati il corso biennale di Mimo Corporeo con Michele Monetta, la borsa di studio con TeatrInGestazione a Napoli. Decine di incontri importanti con dei geni folli, così li definirei. Dovrei studiare ancora, perché non si smette mai di imparare. Si dice così?
- Mi dicevi del “teatro sportivo”, a Bolsena darai modo ai curiosi di farlo conoscere? Sarà possibile coinvolgere il pubblico e d’interagire con esso?
Sicuramente. Negli ultimi anni ho sentito forte l’urgenza di non essere solo attrice, ma anche autrice di performance e spettacoli. Riguardo ai corsi che conduco ho ideato un approccio diverso, un nuovo modo di fare e vivere il teatro e, per questo, l’ho chiamato “sportivo”. In questo aggettivo è condensato tutto l’interesse per il dinamismo ed il gioco. Ed è proprio il mettersi in gioco il nucleo guida del lavoro in sala. Come se si scendesse in campo per affrontare una partita con sé stessi, una partita sempre diversa e il cui risultato non è mai scontato. In altre parole, non è cruciale lo spettacolo di fine anno, perché l’intero percorso formativo è vissuto di volta in volta con l’intensità di un saggio finale.
- Che consigli daresti a chi vuole avvicinarsi al teatro sportivo? Molti sono timidi e il nome potrebbe essere persino fuorviante, penso ai pigri che sono sempre sul divano…
Il nome -ride di gusto n.d.r.- è fuorviante fino ad un certo punto. Il teatro, come lo sport, ricerca la disciplina, la tecnica, il sacrificio. Lo spirito può essere quello di un atleta che voglia abbracciare le sfide e avvicinarsi con la giusta carica di entusiasmo ed energia. La comodità non è certo creativa.
- Il tuo impegno per la libertà è iniziato nel 2020, quando sono stati istituiti i primi lockdown e i divieti via via sempre più stringenti, come hai vissuto quel momento?
Molto male, perché non mi sentivo capita. Qualcuno prima e tutta la popolazione a seguire poi si è arrogato il diritto di dirci cosa fosse importante o meno importante nella nostra vita. Per cosa potessimo uscire e per cosa no, quali dovessero essere le nostre urgenze, quale dovesse essere la nostra fame. Solo quella di tipo alimentare o di tipo chimico-tossico erano permesse. In pratica, benvenute sigarette, vino o carrelli pieni di carta igienica! Guai, però, a farsi vedere in giro per ballare, correre o recarsi in una sala prove, in uno studio artistico. Ma ve lo immaginate un Leonardo o un Michelangelo a cui dire di non andare a Bottega?!? Rido per non piangere.
- Molti vi accusano di essere no vax e no mask, altri vi giudicano i nuovi black block che non rispettano le regole; non manca chi vi ritiene persino responsabili di contagi e chiusure a causa del vostro scellerato comportamento. Cosa rispondi?
Mah, che posso dire… Ci accusano, e di cosa?!? Sapessi di quante cose io accuso loro! Una lista infinita. Ci si può nascondere meglio, sentirsi forti, pensare persino di avere ragione quando si appartiene alla maggioranza, ma la massa è quella che scelse Barabba… Se non ricordo male, Woody Allen in “Basta che funzioni” dice qualcosa del tipo che la nostra sarebbe una specie fallita. In una scena precisa poi: “(…) …quanto può essere stupida dato che hanno dovuto mettere uno sciacquone automatico negli autogrill perché la gente non riesce nemmeno nel piccolo minuscolo compito di tirarlo da sola”. Per cui non so. Le critiche? Dipende sempre da chi arrivano. Da gente che magari non sa tirare neanche lo sciacquone? Da persone per le quali hanno dovuto mettere la catenella alle penne in banca? Da chi, ormai per moda, usa il “piuttosto che” con valore disgiuntivo? Le accuse le accetto, ma solo dalle persone che stimo.
- Come vuoi concludere questa nostra breve intervista? Vuoi fare un appello?
Ritornando alla Primavera Culturale, vorrei ricordare che dalle mie parti il teatro e le altre forme d’arte sono possibili, basta volerlo. Anche qui da noi esiste un terreno fertile per la categoria, che ha sempre trovato difficoltà a concretizzare progetti o a mantenere nel tempo festival durati un battito di ciglia. Non ci manca nulla, eppure ci manca tutto. Questo di Bolsena si sarebbe potuto tranquillamente organizzare a Salerno o in provincia. Alla mia età devo dire di essere già molto pessimista, sono piuttosto dubbiosa sul fatto d’investire tempo ed energia per qualcosa di aleatorio. Ci ho provato e riprovato infinite volte, non solo io, e i risultati sono stati sempre deludenti; la risposta dei cittadini e delle istituzioni è fredda. Arida, aggiungerei. Credo che qui da noi ci sia una resistenza maggiore, ogni tentativo di fioritura è destinato a spegnersi. Quindi dobbiamo lavorarci, lavorarci il doppio. E, ovviamente, impegnarci affinché i nostri territori abbiano i giusti riconoscimenti. Non ci si può sempre accontentare delle sagre di paese e dei regalini che piovono ogni tanto dall’alto.
- Un’ultima domanda prima di lasciarci, il tuo augurio per questo 2022?
Augurio dici? Che bella parola. Anche onerosa, per la verità. Auguro a tutti di resistere sempre, ma anche di superare questa fase. Ora bisognerebbe passare all’azione. La resistenza implica un essere continuamente sotto attacco, uno stato di difesa a oltranza, sempre impegnati a reagire e ad arginare le avanzate. E se fosse giunto ormai il tempo di andare oltre? Me lo chiedo già da un po’. Dovremmo noi iniziare a camminare verso una direzione. Darci noi delle idee. Delle alternative. Questo presuppone una certa intraprendenza. Ecco, quella magari c’è nel singolo. La riscontro, ogni tanto, in qualche coraggioso che incontro, ma non la ritrovo allo stesso modo in tutta la comunità. Spero di trovare questa spinta anche a livello collettivo. E che sia una spinta ordinata. Mio desiderio è che le forze convergano in una qualche direzione e non siano solo moti caotici nelle piazze, dettati da impulsi di rabbia scomposta. Ne abbiamo avuti già tanti, è ora di voltare pagina. C’è bisogno di fornire un’alternativa, un modello alternativo. La libertà, come dico sempre, è poter scegliere. E per quanto vogliamo raccontarci di non avere scelta, in realtà questa libertà ce l’abbiamo ancora. Dipende solo da noi. Sarebbe il caso di approfittarne, abbiamo una grande occasione davanti e dobbiamo saperla cogliere.
Carmine Antonello Villani