Come fanno a sapere i social che stasera sono andato in pizzeria
È successo a tutti e succede continuamente che ci domandiamo con stupore come è possibile che sul cellulare compaia la domanda: “…allora ti è piaciuta la pizza?…”, come se questo ‘qualcuno’ era con noi al tavolo con il mantello di Harry Potter che rende invisibili.
La spiegazione è questa: quando ci iscriviamo a qualche social come facebook o tiktok o istagram e così gli altri, noi accettando la loro policy privacy, è come se firmassimo un contratto con il quale cediamo le nostre generalità ed autorizziamo a gestire tutto ciò che pubblichiamo su quel canale, foto, testi, video, commenti, così, gli orari di utilizzo, i link visualizzati, il tempo di permanenza sul social, l’indirizzo ip cioè l’internet protocol la serie di numeri che identificano il dispositivo, gli acquisti, la localizzazione.
Il canale social è così autorizzato a venderli alle società di data broker che sono aziende specializzate nella raccolta, analisi, rielaborazione e rivendita di informazioni sul mercato.
Le aziende di data brokers più note sono: ID Analytics, Acxiom, Epsilon, Experian, Equifax, Oracle, Datalogix, CoreLogix, TowerData, AccuData, Salesforce, Beintoo ed ancora altre.
Quando ‘navighiamo’ sul web utilizziamo un browser, un programma che ci consente di interagire nel world wide web (chrome, firefox…), e siamo monitorati attraverso gli arci noti cookies di tracciamento, la stessa cronologia del browser, le richieste di ricerca di qualche argomento, l’uso dei plug in (sono tutti i componenti che si aggiungono al software in uso e ne estendono le funzionalità), addirittura possiamo essere controllati anche attraverso il movimento della rotellina del mouse.
I data broker raccolgono le informazioni di ogni nostra azione sul web utilizzando le API (Application Programming Interface) che si trovano sui social media, sulle applicazioni dei cellulari, sui siti di commercio online.
Questi cacciatori di dati li assumono anche dai registri pubblici, come quelli del catasto, i tribunali, la motorizzazione, dai censimenti, dai registri delle nascite, dai matrimoni, o divorzi, dalle licenze commerciali o delle professioni, dai registri di voto, istanze di fallimento… ecc.
La soglia di legalità di questa attività è molto labile, infatti l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha precisato che costituisce in illecito l’uso dei dati per fini diversi da quelli resi pubblicamente disponibili. Ad esempio l’Autorità ha precisato che non è consentito riutilizzare a fini di marketing o di propaganda elettorale i recapiti e gli indirizzi di posta elettronica del personale della P. A. oggetto di pubblicazione obbligatoria, in quanto “…tale ulteriore trattamento deve ritenersi incompatibile con le originarie finalità di trasparenza per le quali i dati sono resi pubblicamente disponibili…”
Dal 2018 è in vigore il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR General Data Protection Regulation), che ha reso obbligatori i principi di necessità e di proporzionalità del commercio di dati.
Il lavoro dei data broker consiste nel raccogliere tutte le informazioni possibili, raggrupparle per ogni persona, analizzarle tenendo conto delle abitudini, dei gusti, dei luoghi che frequenta, degli interessi. Questo consente di costruire un profilo preciso di consumatore catalogato per età, etnia, livello di educazione, reddito, numero di figli e interessi, per venderlo ad aziende come Facebook, Google, Twitter o Snapchat, che hanno siglato accordi con gruppi come Oracle, Acxiom ed Esperian. Gli inserzionisti, digital advertisers, dei social media acquirenti processano le informazioni e pianificano le azioni di marketing modellando il modo di rivolgersi ai potenziali consumatori utenti del web, offrendo loro sconti, offerte e proposte di acquisto personalizzati.
I data broker si scambiano le informazioni tra loro poiché ognuno è specializzato in un settore del marketing.
La multinazionale americana Oracle è l’azienda che ha in archivio il maggior numero di cookie, proprio quelli che i vari siti ci chiedono continuamente di accettare, ne ha 12 miliardi nel suo database per un ricavo di 39,8 miliardi di dollari nel 2018.
In genere il rapporto è di tre, quattro cookie a persona, quindi a conti fatti, nell’archivio di Oracle ci sono le descrizioni anonime, perché i cookie sono legati ai dispositivi, di 5 miliardi di persone. In Italia Oracle dichiara di avere 30 milioni di profili, di circa 10-15 milioni di persone, a disposizione degli advertiser.
Salesforce è un altro gigante del data broking. La società americana si occupa di gestione delle relazioni con i clienti ed effettua ogni anno duemila miliardi di transazioni sulla piattaforma, che in un giorno può raccogliere informazioni da 1,5 miliardi di email, processando 8 milioni di dati.
Nel mercato dei data broker si sono inserite anche società più piccole e specializzate nella raccolta di informazioni in un singolo settore. L’italiana Beintoo si occupa di geolocalizzazione. Il suo amministratore delegato Andrea Campana spiega come la loro tecnologia registra la posizione degli smartphone degli utenti con un’applicazione che ha siglato con loro un accordo, tra le 50 e le 100 volte ogni giorno.
L’a.d. Campana aggiunge che sono in grado di creare un cluster geocomportamentale, cioè un raggruppamento di persone che hanno un preciso comportamento determinato dal posto in cui si trovano, in pratica
“…se la persona si ferma più volte in un luogo e là c’è un cinema, una palestra o un negozio, è possibile attaccare un’etichetta comportamentale, anche se anonima..”, precisa il dirigente aziendale, “…se frequento una piscina, potrò essere interessato a ricevere annunci per i saldi di cuffie o costumi, o se passo spesso da un’officina auto, riceverò la pubblicità di ricambi o assicurazioni casco… il nostro sistema bersaglia gli utenti sulla base di interessi puntuali e di intenti…”.
La società broker newyorkese Persado, con uffici anche a Roma e Milano, usa dati e algoritmi per individuare le parole più efficaci per veicolare un messaggio, l’algoritmo Identifica i destinatari e l’emozione che muove i più alti tassi di risposta”. Persado ha mappato le 15 emozioni principali del marketing e a ciascuna è collegato un vocabolario. Quando l’algoritmo definisce quale è la più efficace, fornisce anche i suggerimenti di scrittura. Numeri che hanno convinto colossi come American Express, Citibank, Goldman Sachs e Bain Capital a investire nella società che ha raccolto fondi per 77 milioni di dollari.
L’obiettivo dell’azienda è “Il messaggio personalizzato”. A proposito di manipolazione delle masse.
La raccolta e la lavorazione dei dati può contare anche su un prezioso malefico alleato: il 5G. Con le reti mobili della così detta quinta generazione consentirà una maggiore connessione più dettagliata e più precisa per effetto della larghezza di banda e le onde millimetriche.
Ora so perché quando esco dalla pizzeria ho sempre la strana sensazione di essere spiato.
Carlo Ceresoli