La guerra dell’informazione
Nella settimana appena trascorsa due sintomi confermano lo stato comatoso dell’informazione: l’ulteriore arretramento del nostro Paese nella classifica annuale di Reporters Without Borders (RSF), che fa scivolare l’Italia dal 41° al 58° posto per la libertà di stampa (dietro il Gambia) ed il diniego dell’EMA a fornire dati sulla sicurezza del vaccino covid. Ordine pubblico e sicurezza militare, così si legge nella nota dell’Agenzia Europea per i Medicinali. Ai media mainstream le nostre più sentite condoglianze.
L’Homo Sapiens Sapiens sopravvivrà al tragico inizio del terzo millennio, se comprenderà di essere al centro di una guerra che non si combatte solo sul fronte militare. Silenziosa e non sempre manifesta, il suo raggio di azione si è allargato ben oltre i confini della Crimea. La vicenda russo-ucraina sta già stravolgendo gli equilibri geopolitici internazionali, ma avrà ripercussioni ancora maggiori sulle nostre politiche monetarie, economiche e soprattutto sociali. Una realtà complessa inizia a prendere forma, prodromi di cambiamenti epocali che stanno precipitando in un conflitto nucleare dagli esiti infausti. Forse è il prezzo da pagare per quel “new normal” ordito a Davos dal gruppo di fanatici che teorizzano il Great Reset. La semplificazione della notizia, edulcorata o enfatizzata a seconda delle circostanze, diventa funzionale ad un processo di trasformazione che, specie negli ultimi due anni, ha subito una brusca accelerazione nel mondo dell’editoria. I media hanno rinunciato al loro compito istituzionale, l’informazione è ora il mezzo per orientare un’opinione pubblica sempre più smarrita e sempre più alla mercé di potentati economici sans frontières. Lo Stato, attraverso la propaganda governativa, diventa unico depositario della verità. Non esiste più dibattito, la scienza assurge a dogma ed il dogma, per sua stessa natura, non ammette voci contrarie. Tutto ciò che è dissonante con il sistema viene espulso, valutato come pericoloso per la stessa sopravvivenza dell’ordine costituito, apostrofato come nemico del sapere e quindi, del popolo. In medicina basta poco per essere crocifissi, l’accusa di apostasia è una regola ai tempi del coronavirus. Il nuovo paradigma è aberrante, ma diventa cardine di quella nuova normalità a cui s’ispirano i governi di mezzo mondo.
Anche per i più volenterosi risulta arduo distinguere il vero dal falso, si rischia di perdere quelle poche convinzioni che si ritenevano inamovibili; in piena infodemia la certezza è un lusso a cui bisogna rinunciare, se non si vuole finire nel tritacarne mediatico. Mentire, per il bugiardo, significa esistere e quando sono in gioco tanti soldi, la morale diventa un mero esercizio di pensiero. Nulla di più.
Che esista una finta democrazia in Cina è fatto noto, ma che tale sistema abbia conquistato anche le cosiddette democrazie occidentali non lo è altrettanto. La nostra cultura millenaria si affida al panem et circenses per affievolire ogni tentativo di ribellione; il dividi et impera è di sicuro il mezzo più efficace per controllare i popoli e manipolare le loro scelte. L’effetto collaterale della pandemia e della sua pessima gestione è quello di aver rivelato il vile incantesimo. Ovunque si inizia a dubitare della narrazione ufficiale e sono sempre più a mettere in dubbio la versione data in pasto alle masse per occultare responsabilità e crimini di ogni genere. Negli Stati Uniti una vera e propria presa di coscienza si è avuta con la mancata rielezione di Trump, una diffidenza per il mainstream che ha travolto non solo i complottisti della prima ora. La verità ha i suoi tempi ma, superata la timidezza iniziale, si propaga a velocità esponenziale man mano che vengono alla luce nuovi dettagli. Chi ambisce a controllare l’umanità attraverso la menzogna, sa benissimo che la verità trova sempre il modo per uscire allo scoperto. In questo scenario apocalittico una nuova consapevolezza sta contagiando anche i resilienti italioti. Della resilienza il potere si fa baluardo e nell’ultimo anno l’abbiamo sentita risuonare in ogni dove: ha persino dato il nome ad un pacchetto di investimenti di cui stentiamo a vedere i benefici. D’altra parte quando dilagano gli abusi, eccola spuntare. Come il prezzemolo in ogni minestra. Eppure gli italiani sembrano assuefatti ai soprusi, incapaci di reagire ad uno Stato tiranno che li umilia senza nemmeno più il filtro della decenza. Accettano con tacita rassegnazione, un po’ per ignavia e un po’ per opportunismo.
In una società così disastrata i mercenari dell’informazione hanno rivelato il vero volto, il circo mediatico non ha spettatori disposti a farsi più fregare; quei pochi in sala sono stanchi e pure sfiduciati. L’articolo 21 della Costituzione rimane lettera morta, in vano reclama rispetto. La vera informazione presuppone l’onestà di chi è deputato a divulgarla. Senza infingimenti. Curiosità, intuito, ricerca e verifica delle fonti, questi i principi sempre più dimenticati. Forse un risveglio è appena iniziato, accogliamo con fiducia i primi germogli. In attesa del raccolto, quando i tempi saranno più maturi.
Ing. Mecc Vincenzo Santoro Lungimirante