Vaccino covid…il parroco Don Gazzelli fa la sesta dose “per proteggere i fedeli”

Vaccino covid…il parroco Don Gazzelli fa la sesta dose “per proteggere i fedeli”

Come ho sempre detto, io non sono credente, almeno non lo sono secondo l’accezione comunemente attribuita all’aggettivo sostantivato. Questo non toglie che io rispetti qualunque religione, ma questo a condizione che chi la pratica lo faccia con coerenza e con onestà. E qui – temo – l’area si restringe molto.
In un paesello di poche migliaia di anime della provincia veneta è parroco un tale don Mauro Gazzelli, persona della cui rispettabilità non dubito, il quale è recentissimamente assurto alla ribalta della cronaca per essersi “vaccinato” (virgolette d’obbligo se si hanno nozioni di farmacologia) contro il Covid 19 la bellezza di sei volte.
Il motivo di queste repliche, almeno stando a quanto riportano i quotidiani, è la volontà del presbitero di proteggere i suoi parrocchiani.
Ora, la domanda è: proteggere da che?
Nessuno pretende che don Mauro abbia nozioni di medicina, di farmacologia e d’infettivologia, ma credo che il suo grado di alfabetizzazione sia ampiamente sufficiente per consentirgli di leggere ciò che pubblica l’AIFA, l’ente nazionale che si occupa dei farmaci: “Allo stato attuale, nessun vaccino COVID-19 approvato presenta l’indicazione ‘prevenzione della trasmissione dell’infezione dall’agente Sars cov-2.’” Lo stesso concetto, peraltro noto fin da subito agli addetti ai lavori, era stato espresso al Parlamento europeo dal produttore di quel farmaco.
Insomma, reverendo parroco, che cosa crede di aver fatto?
Dando per scontata l’ovvietà, peraltro garantita dalla pur sbeffeggiata Costituzione, secondo cui ognuno è padrone del proprio corpo e, dunque, lei può iniettarsi ciò che più le aggrada, lei ha dato un pessimo esempio. Pubblicizzando il suo atto, lei sta illudendo o tentando d’illudere non solo i suoi parrocchiani ma chi legge gli articoli che la dipingono come una sorta di eroe di difendersi da una patologia con un’arma che non solo è dichiaratamente spuntata, ma che potrebbe avere altre caratteristiche su cui preferisco sorvolare. Ora, le chiedo se lei è disposto ad assumersi personalmente le responsabilità del suo atto che da legittimamente privato è diventato teatralmente pubblico.
I nostri avi latini ammonivano “Sutor, ne ultra crepidam!”, il che significa che il ciabattino si deve occupare di scarpe e non di ciò che non conosce.
Ma, a proposito di ciò che lei potrebbe non conoscere, la informo che dagli Anni Cinquanta numerosissimi vaccini usano per essere prodotti feti umani abortiti a pagamento. Le stesse ditte farmaceutiche lo dichiarano con “onestà” nelle loro schede tecniche e, in alcuni casi, lo stampano perfino sulla confezione esterna. Aggiungo che si tratta di migliaia di feti ogni anno, e questi vengono prelevati vivi e vivi squartati senza anestesia per non rovinare la merce. La informo pure che i feti hanno una sensibilità al dolore elevatissima.
Al di là di ogni acrobazia verbale con cui si esibiscono alcuni prelati di varia levatura, e al di là di quanto compare nei virgolettati che le sono attribuiti (https://www.ilgiornaleditalia.it/news/cronaca/663665/vaccino-covid-parroco-don-gazzelli-sesta-dose-aifa.html), credo che lei conosca il Codice di Diritto Canonico. Vada al canone 1397 e legga il § 2: “Chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae.” (Credo che non le sia ignoto il significato di latae sententiae.) Poi, proceda, e vada al § 3: “Se si tratta dei delitti di cui in questo canone, nei casi più gravi il chierico reo sia dimesso dallo stato clericale.”
Se il diritto canonico non è una buffonata al servizio di chi lo usa quando fa comodo e lo dimentica quando il comodo non c’è, procurare l’aborto non significa banalmente prelevare di persona il bambino, ma, forse peggio se non altro per la sua viltà, significa servirsi di quell’atto. Quanto alla gravità, stiamo parlando non solo di aborti ripetuti, ma sostenuti anche da lei. Quindi, caro don Mauro, stando a Santa Romana Chiesa lei è scomunicato e ridotto allo stato laicale.
Ma non disperi: nella rappresentazione delle religioni monoteiste cui siamo abituati, la divinità è descritta come misericordiosa. Quindi, è pronta al perdono. A mio parere, però, parere di un non credente, non sarebbe male presentarsi al giudizio che un giorno sarà inevitabile dopo essersi pentiti e aver fatto ammenda. La vita è breve. L’eternità no.
E poi, don Mauro, pensi a tutta la retorica che si fa sui martiri che danno la vita per restare fedeli alla loro religione, e li confronti con chi squarta i bambini per non prendere la febbre.
Concludo manifestandole tutta la mia simpatia e la mia comprensione. Sono certo che lei abbia agito e agisca in buona fede. Però, adesso è ora di aprire occhi, cervello e anima.

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